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L’AFFITTO DI AZIENDA NEL CORSO DELLA COMPOSIZIONE NEGOZIATA DELLA CRISI: IL REGIME AUTORIZZATIVO

Nell’ambito della composizione negoziata della crisi non può essere richiesta l’autorizzazione ai sensi dell’art. 22 CCII ai fini della stipula di un contratto d’affitto d’azienda, essendo detta autorizzazione attributiva della sola esenzione dalla solidarietà passiva per i debiti prevista dall’art. 2560, comma 2, c.c. Diversamente, nel caso di affitto con opzione di acquisto, ai fini autorizzativi dev’essere valutata la funzionalità dell’atto alla continuità aziendale ed alla migliore soddisfazione dei creditori.

Con riferimento ad un caso in cui una società aveva fatto accesso al percorso di composizione negoziata e, in tale contesto, aveva richiesto di essere autorizzata ai sensi dell’art. 22 CCII alla stipula di un contratto d’affitto d’azienda, il Tribunale di Piacenza si è espresso nel senso dell’inammissibilità del ricorso, con una sentenza del 1° giugno 2023.

In particolare, nel caso esaminato dal Tribunale piacentino, era stata richiesta l’autorizzazione alla stipula di un contratto di affitto di azienda con obbligo al successivo acquisto della stessa, nella forma della proposta irrevocabile formulata da parte dell’affittuario.

Pare opportuno, preliminarmente, tracciare i riferimenti normativi della questione.

L’art. 22, comma 1, lett. d), CCII stabilisce infatti che l’imprenditore che ha fatto accesso alla composizione negoziata può chiedere di essere autorizzato dal Tribunale “a trasferire in qualunque forma l’azienda o uno o più suoi rami senza gli effetti di cui all’articolo 2560, secondo comma, del Codice civile, dettando le misure ritenute opportune, tenuto conto delle istanze delle parti interessate al fine di tutelare gli interessi coinvolti” fermo restando quanto stabilito dall’art. 2112 c.c. e verificato il rispetto del principio di competitività nella selezione dell’acquirente.

Il grande beneficio che si ottiene per il tramite di una cessione “autorizzata” dell’azienda è dunque l’inapplicabilità del comma 2 dell’art. 2560 c.c., ai sensi del quale “nel trasferimento di un’azienda commerciale risponde dei debiti suddetti anche l’acquirente dell’azienda, se essi risultano dai libri contabili obbligatori”; restando invece ferma la tutela dei diritti lavoratori prevista dall’art. 2112 c.c.

In linea generale sembra evidente che, per quanto l’art. 22 CCII richiami il generale concetto di “trasferimento”, che potrebbe di per sé essere inteso anche come “trasferimento in godimento”, il riferimento debba intendersi effettuato al mutamento della proprietà dell’azienda. Questo nonostante il contenuto della relazione illustrativa al d.l. 118/2021 – che ha introdotto nel nostro ordinamento la composizione negoziata – non fornisca alcun chiarimento sul punto.

Infatti, è sufficiente osservare che non è la validità o l’efficacia del “trasferimento” ad essere subordinata all’autorizzazione giudiziale, ma solamente l’inapplicabilità dell’art. 2560, comma 2, c.c.

Ne consegue che, ai fini della stipula di un contratto d’affitto d’azienda, un’autorizzazione ai sensi dell’art. 22, comma 1, lett. d), CCII diverrebbe priva di utilità e dunque di significato, poiché l’art. 2560 c.c. non troverebbe in ogni caso applicazione. Per l’imprenditore, in una tale ipotesi, sarà allora sufficiente informare preventivamente l’esperto dell’atto di straordinaria amministrazione che intende compiere, affinché quest’ultimo possa esercitare sull’atto il suo più blando “controllo” previsto dai commi 2, 3 e 4 dell’art. 21 CCII ([1]).

Quanto sin qui valutato dev’essere riferito alla generale ipotesi di stipulazione di un contratto d’affitto d’azienda. Il caso affrontato dal Tribunale di Piacenza però era caratterizzato da un quid pluris che lo distingueva dall’ipotesi già descritta. Era infatti sottoposto all’attenzione del Giudice un contratto era inserita la previsione anche di un’opzione di acquisto in favore dell’affittuario. Dunque, per quanto l’effetto “a breve termine” dell’accordo doveva essere quello del “trasferimento in godimento” dell’azienda; l’effetto “a lungo termine” – seppur solo potenziale – era quello del “trasferimento di proprietà”. Questo conduceva l’imprenditore alla presentazione di un ricorso ex art. 22 CCII, ma il Tribunale concludeva per la sua inammissibilità.

Le motivazioni del Giudice piacentino muovevano dalla ratio della disposizione del Codice della crisi poc’anzi citata, che “è quella di incentivare all’immediato acquisto dell’azienda i potenziali interessati, i quali, in mancanza di tale previsione, sarebbero indotti ad attendere l’apertura di una procedura concorsuale per acquistare l’azienda in seno alla stessa, proprio al fine di beneficiare dell’effetto “purgativo” tipico della vendita coattiva endoconcorsuale”. Tant’è vero che “il Tribunale, oltre a dover vagliare la funzionalità dell’atto rispetto alla continuità ed al miglior soddisfacimento dei creditori, deve altresì verificare “il rispetto del principio di competitività nella selezione dell’acquirente”, elemento che rafforza la similitudine tra il trasferimento in sede di composizione negoziata e la cessione competitiva endoconcorsuale”.

Il Tribunale osservava allora che, nel caso in esame, la società voleva concludere un accordo di ristrutturazione ai sensi dell’art. 57 CCII e che l’affitto d’azienda: avrebbe avuto durata quinquennale; il (solo eventuale) trasferimento sarebbe avvenuto al termine del periodo di affitto mediante l’esercizio di un diritto potestativo posto in capo alla concedente; l’affittuaria avrebbe dovuto partecipare ad una procedura competitiva per la selezione dell’acquirente. 

Sulla base di ciò il Tribunale concludeva che l’unico effetto dell’autorizzazione ex art. 22 CCII stato sarebbe invero quello di avvantaggiare l’affittuario – futuro cessionario – della deroga alla responsabilità solidale ex art. 2560, comma 2, c.c., senza alcuna funzionalità al miglior soddisfacimento dei creditori o alla continuità aziendale, già garantita dall’affitto.

In conclusione, può allora affermarsi che in linea di principio, anche secondo quanto affermato dal Tribunale di Piacenza, dev’essere esclusa la possibilità di ottenere un’autorizzazione ai sensi dell’art. 22 CCII ai fini della stipula di un contratto d’affitto d’azienda. Tuttavia, qualora il contratto d’affitto prevedesse un’opzione di acquisto e il perfezionamento della cessione fosse previsto prima della conclusione delle trattative o, al massimo, nell’ambito di una soluzione di risanamento puramente negoziale e stragiudiziale ex art. 23, co 1, CCII non potrebbe escludersi l’opportunità della previa autorizzazione giudiziale, salva la necessità di valutare la sussistenza dei presupposti normativamente previsti a tal fine, ovverosia la funzionalità al miglior soddisfacimento dei creditori ed alla continuità aziendale.

Avv. Michele Pezzato – avvpezzato@casaeassociati.it


[1] Tale impostazione è stata condivisa anche da G. D’Attorre, Il trasferimento dell’azienda nella composizione negoziata, in Diritto della Crisi, p. 3



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