Con una recente pronuncia a Sezioni Unite la Cassazione tratta la questione di diritto, sorta a seguito di quattro pronunce coeve della Corte di Giustizia Europea, dell’ammissibilità in sede esecutiva del controllosull’abusività consumeristica della clausola contrattuale non rilevata in via officiosa dal giudice della fase monitoria, concludendo per l’ammissibilità dell’opposizione ex art. 650 c.p.c. fino alla vendita o assegnazione del bene
Le coordinate della pronuncia sono quelle della tutela consumeristica di cui alla direttiva 93/13/CEE, concernente l’abusività di clausole presenti in un contratto concluso con un professionista, nel contesto deldiritto processuale nazionale.
Sul punto, la Corte di Giustizia Europea[1], a seguito della richiesta pregiudiziale del Tribunale di Milano, ha stabilito che “L’articolo 6, paragrafo 1, e l’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13/CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori, devono essere interpretati nel senso che ostano a una normativa nazionale la quale prevede che, qualora un decreto ingiuntivo emesso da un giudice su domanda di un creditore non sia stato oggetto di opposizione proposta dal debitore, il giudice dell’esecuzione non possa – per il motivo che l’autorità di cosa giudicata di tale decreto ingiuntivo copre implicitamente la validità delle clausole del contratto che ne è alla base, escludendo qualsiasi esame della loro validità – successivamente controllare l’eventuale carattere abusivo di tali clausole. (…)”.
Ne consegue che, secondo la CGUE, ove il consumatore non abbia fatto opposizione avverso un decreto ingiuntivo non sorretto da alcuna motivazione in ordine alla vessatorietà delle clausole presenti nel contratto concluso con il professionista, la valutazione sull’eventuale carattere abusivo di dette clausole deve poter essere effettuata dal giudice dell’esecuzione.
Tale decisione parte dall’assunto secondo il quale il giudice nazionale deve verificare d’ufficio l’abusività di una clausola contrattuale rispetto la disciplina comunitaria sulla tutela del consumatore, al fine di ovviare allo squilibrio tra professionista e consumatore.
Laddove, in sede monitoria, il Giudice non abbia rilevato d’ufficio l’abuso del diritto in danno alconsumatore, ed il decreto ingiuntivo non sia stato opposto, la disciplina nazionale vorrebbe che si formasse il giudicato sull’esigibilità di quel credito, sorto da un contratto abusivo.
L’impossibilità, per il giudice dell’esecuzione, di riesaminare il decreto ingiuntivo appare, alla luce della normativa unitaria, contrastante con l’esigenza di tutela giurisdizionale effettiva del consumatore, a maggior ragione laddove il giudice del monitorio non abbia indicato alcuna motivazione in ordine alla abusività o meno del contratto rispetto alla direttiva 93/13.
Al fine di dare il necessario seguito ai dicta della CGUE, le Sezioni Unite partono dall’assunto secondo il quale la tutela consumeristica unitaria impone al giudice del monitorio di verificare la presenza di abusi nel contratto costituente il titolo del credito fatto valere. Diversamente, si costringerebbe la parte contrattualmente più debole a proporre opposizione al fine di far valere la non vincolatività delle clausoleposte in suo danno.
Strumentali al controllo officioso del giudice sono i poteri istruttori previsti dall’art. 640 co. 1 c.p.c. in forza dei quali il giudice dovrà sollecitare il ricorrente a provvedere alla prova del credito anche sotto il profilo della relativa spettanza, richiedendo al ricorrente di produrre idonea documentazione (anzitutto, il contratto).
L’integrazione istruttoria, tuttavia, deve rimanere nei limiti della natura del procedimento di ingiunzione, senza che possa esorbitare in richieste non coerenti con una fase del recupero del credito caratterizzata dall’inaudita altera parte (come potrebbero essere escussioni testimoniali o espletamento di C.T.U.).
Se il giudice dovesse accertare l’esigenza di un approfondimento istruttorio esorbitante i suoi poteri, dovrà rigettare il ricorso che il ricorrente, se riterrà, potrà riproporre, oppure potrà affidarsi ad un procedimento ordinario con citazione del debitore.
Le Sezioni Unite continuano osservando che, ai sensi dell’art. 641 c.p.c., il decreto ingiuntivo deve essere motivato e deve contenere l’avvertimento che, nel termine di 40 giorni, può essere fatta opposizione ed inmancanza di opposizione si procederà ad esecuzione forzata.
Se il decreto ingiuntivo presenta la motivazione e l’avvertimento predetto, il consumatore può ritenersi tutelato e la mancata opposizione non consentirà successive contestazioni sul carattere abusivo delle clausole.
Le Sezioni Unite affrontano poi la questione, oggetto di dibattito tra i giudici della Suprema Corte, di quale sia, a livello processuale, la soluzione che possa adempiere all’obbligo del riesame in sede esecutiva, stabilendo che, in tali casi, trova applicazione la disciplina dell’opposizione tardiva ex art. 650 c.p.c.
In particolare, il Giudice dell’esecuzione potrà dare atto, nel provvedimento di fissazione, rispettivamente, dell’udienza ex art. 530 c.p.c. (nel caso di vendita o assegnazione dei beni pignorati) o ex art. 543 c.p.c. (nel caso di espropriazione presso terzi), che il decreto ingiuntivo non è motivato e invitare il creditore procedente o intervenuto a produrre, in un certo termine, il contratto fonte del credito azionato in via monitoria, così da instaurare, nell’udienza stessa, il contraddittorio delle parti sull’eventuale carattere abusivo delle clausoledel contratto. All’esito, il Giudice dell’esecuzione, se rileva il possibile carattere abusivo di una clausola contrattuale, ma anche se ritenga che ciò non sussista, ne informa le parti e avvisa il debitore consumatore(ciò che varrà come interpello sull’intenzione di avvalersi o meno della nullità di protezione) che entro 40 giorni da tale informazione – che nel caso di esecutato non comparso è da rendersi con comunicazione di cancelleria – può proporre opposizione a decreto ingiuntivo e così far valere (soltanto ed esclusivamente) il carattere abusivo delle clausole contrattuali incidenti sul riconoscimento del credito oggetto di ingiunzione.
Se, invece, fosse già in atto un’opposizione esecutiva, il giudice dovrà rilevare d’ufficio la questione dell’abusività delle clausole e interpellerà il consumatore se intenda avvalersi della nullità di protezione, concedendo, in caso affermativo, il termine per l’opposizione tardiva ex art. 650 c.p.c., sospendendo parzialmente o totalmente l’esecutività del decreto.
Le carenze formali del decreto, osservano le Sezioni Unite, privano il consumatore delle necessarie informazioni per poter esercitare con piena consapevolezza i propri diritti, integrando così il requisito dell’incolpevole ignoranza del valido motivo di opposizione previsto dal citato art. 650 c.p.c.
L’opposizione ex art. 650 c.p.c., rilevano nelle battute finali i Giudici della Supra Corte, è lo strumento processuale che più garantisce la tutela del consumatore stabilita dal diritto dell’U.E., prestandosi meglio del ricorso ex art. 617 c.p.c. in opposizione agli atti esecutivi alle finalità prefisse.
Le Sezioni Unite, in ragione delle ampie motivazioni espresse, enucleano il principio di diritto che riassumono distinguendo le indicazioni ai giudici della fase monitoria dalle indicazioni dei giudici della fase esecutiva e cognitiva:
FASE MONITORIA
- Il giudice del monitorio deve svolgere d’ufficio il controllo sull’abusività delle clausole contrattuali;
- a tal fine, può richiedere al ricorrente la produzione in giudizio del contratto; se invece l’istruttoria per l’accertamento sull’abusività dovesse essere più complessa, dovrà rigettare l’istanza di ingiunzione;
- se l’esito del controllo dovesse essere negativo, il Giudice pronuncerà decreto motivato e avvertirà espressamente il debitore consumatoreche, in mancanza di opposizione, non potrà far valere l’eventuale carattere abusivo delle clausole ed il decreto diverrà irrevocabile.
FASE ESECUTIVA
- il Giudice dell’esecuzione, in caso di decreto monitorio non motivato, ha il dovere di verificare eventuali clausole abusive fino alla vendita o assegnazione del bene pignorato;
- a tal fine, può provvedere ad una formale istruttoria;
- all’esito del controllo, se positivo, dovrà informare il debitore che entro 40 giorni può proporre opposizione al decreto ingiuntivo ex art. 650 c.p.c. limitamenti all’abusività delle clausole;
- un’eventuale opposizione ex art. 615 c.p.c. deve essere riqualificata come opposizione ex art. 650 c.p.c.
FASE COGNITIVA
- Il Giudice dell’opposizione tardiva ha il potere di sospendere totalmente o parzialmente l’efficacia esecutiva del decreto ingiuntivo.
Cassazione civile, Sezioni Unite, sentenza n. 9479 del 6 aprile 2023
Avv. Maria Bertoldo – avvbertoldo@casaeassociati.it
[1] Si tratta delle quattro coeve pronunce della CGUE, emesse dal Collegio della Grande Sezione in data 17 maggio 2022 (sentenza in C-600/19, Ibercaja Banco; sentenza in cause riunite C-693/19, SPV Project 1503, e C831/19, Banco di Desio e della Brianza; sentenza in C-725/19, Impuls Leasing Romania; sentenza in C-869/19, Unicaja Banco), una delle quali (sentenza in cause riunite C-693/19, SPV Project 1503, e C831/19, Banco di Desio e della Brianza) a seguito di rinvio pregiudiziale disposto dal Tribunale di Milano con ordinanze del 10 agosto 2019 e del 31 ottobre 2019.