Nel contratto di agenzia, la rappresentanza attiva e passiva dell’agente è limitata alla sola ricezione dei reclami relativi alle inadempienze contrattuali ed al solo promovimento di misure cautelari nell’interesse del preponente, ex art. 1745 c.c.; tuttavia, all’interno di queste, va ricompresa altresì la legittimazione a ricevere le denunce dei vizi ex art. 1495 c.c., rilevante per l’interruzione del termine decadenziale di cui al medesimo articolo.
L’agente di commercio è da sempre una figura centrale e di riferimento nei rapporti tra produttore e cliente, sia durante la fase di trattativa che durante la fase successiva alla conclusione del contratto. Pertanto è rilevante comprendere quando dichiarazioni fatte oppure ricevute dall’agente possano risultare giuridicamente vincolanti per lo stesso preponente.
Con una recente sentenza, la n. 36835 del 15.12.2022, la Suprema Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi sull’ampiezza dei poteri di rappresentanza, attiva e passiva, sussistenti in capo all’agente di commercio e originati dalla mera sussistenza del contratto di agenzia.
È pacifico infatti che l’agente, nell’ambito dell’attività lavorativa svolta nell’interesse del preponente, detenga una rappresentanza ex lege di quest’ultimo, seppur parziale, sia attiva che passiva, anche in assenza di un espresso conferimento di un potere in tal senso.
Tra i poteri di rappresentanza imputabili all’agente di commercio e nascenti dalla mera conclusione del contratto di agenzia si annoverano, tra gli altri, il potere di ricevere le dichiarazioni e i reclami relativi alle inadempienze contrattuali, oltre che il potere di promuovere azioni cautelari volte alla conservazione e alla tutela del diritto vantato dal preponente, secondo quanto stabilito dall’art. 1745 c.c.
Tuttavia, nei suindicati poteri non rientrano, ad esempio, il potere di riconoscimento di diritti e quello di accettare la restituzione della merce da parte del cliente, stante che i medesimi poteri possono comunque venire conferiti all’agente ma solo tramite espressa delega del preponente in tal senso.
Ciò posto, la Suprema Corte, nella citata sentenza, ha dichiarato che sebbene permanga l’impossibilità in capo all’agente di riconoscere i vizi, questi può legittimamente ricevere le denunce dei vizi e delle difformità dei beni, oggetto dei contratti conclusi dal preponente, grazie alla sua attività.
La legittima ricezione della denuncia dei vizi da parte dell’agente trova rilievo soprattutto ai fini del rispetto del termine decadenziale di cui all’art. 1495 c.c., il quale sancisce che il compratore decade dal diritto alla garanzia se non denunzia i vizi al venditore (oppure all’agente, stante la pronuncia analizzata) entro otto giorni dalla scoperta, salvo il diverso termine stabilito dalle parti o dalla legge.
Il rispetto del termine per la denunzia dei vizi è rilevante per il compratore, sia per usufruire della tutela legale in materia di fornitura di bene viziati o difettosi acquistati e sia per bloccare eventuali future pretese del venditore nel voler dare esecuzione al contratto sotteso alla fornitura, ossia richiedere il pagamento dei beni viziati.
Pertanto, in forza di quanto affermato dalla Corte di Cassazione, il compratore può sempre validamente contestare eventuali vizi riscontrati nella merce acquistata direttamente all’agente di riferimento, e non per forza al preponente, e di converso, il preponente deve monitorare tutte le denunce di vizi che gli possono pervenire anche tramite i propri agenti di commercio.
Avv. Elena Sabbadin – avvsabbadin@casaeassociati.it