Con la sentenza n. 4092 del 9 febbraio 2023 la Corte di Cassazione ha ricordato come il diritto di abitazione spettante al coniuge ex art. 540 c.c. debba considerarsi opponibile al creditore che abbia pignorato, in danno di un coerede, una quota indivisa della proprietà dell’immobile, anche se non sia stato trascritto (o lo sia stato successivamente all’iscrizione ipotecaria e alla trascrizione del pignoramento), trattandosi di diritti diversi e concettualmente compatibili e non verificandosi, quindi, la situazione di conflitto tra acquirenti dal medesimo autore di diritti tra loro incompatibili, presupposto per l’applicazione dell’art. 2644 c.c., con la conseguenza che, in tal caso, oggetto della procedura esecutiva deve ritenersi il diritto di nuda proprietà (o, quanto meno, il diritto di proprietà limitato dal suddetto diritto reale di godimento).
Nel caso da cui prende le mosse la pronuncia in esame, il Tribunale di Chiavari rigettava l’opposizione promossa da Tizia avverso l’atto di pignoramento di un immobile: l’opponente, qualificandosi come coniuge superstite del de cuius, sosteneva come il diritto di abitazione ex art. 540 c.c. di cui era titolare, gravante sull’immobile pignorato, fosse comunque opponibile ai creditori di Caio, erede del de cuius, anche se non debitamente trascritto.
Avverso la decisione di prime cure Tizia proponeva appello, reiterando le proprie doglianze. La Corte d’appello di Genova accoglieva l’impugnazione, statuendo, tuttavia, l’irrilevanza dell’esistenza del diritto di abitazione rispetto all’espropriazione forzata e alla vendita del diritto di piena proprietà relativa all’immobile cui accede.
Sul punto, è poi intervenuta la Suprema Corte di Cassazione che, con la sentenza n. 4092 del 9 febbraio 2023, ha preso chiara posizione sul discusso rapporto tra opponibilità ai terzi e trascrizione del diritto di abitazione del coniuge del de cuius sulla casa coniugale.
Infatti, sebbene sia oramai pacifico e consolidato nella giurisprudenza della Suprema Corte come il diritto di abitazione ex art. 540 c.c. venga acquisito dal coniuge del de cuius in maniera automatica, ex lege (si veda Cass. 15667/2019, Cass. 8400/2019 e Cass. 18354/2013), risulta ancora problematica la questione dell’opponibilità ai terzi di tale diritto, qualora lo stesso non venga trascritto. Il tema indagato dalla Suprema Corte, in altri termini, riguarda l’applicabilità, a tale fattispecie, dell’art. 2644 c.c., che prevede l’inefficacia degli atti enunciati all’art. 2643 c.c. (tra i quali sono i contratti che costituiscono diritto di abitazione sopra beni immobili) nei confronti di terzi che abbiano acquisito diritti sui medesimi immobili in base ad un atto trascritto o iscritto anteriormente rispetto ai predetti atti,
Come evidenziato dalla Suprema Corte, le disposizioni di cui all’art. 2644 c.c. regolano il rapporto che nasce tra diritti incompatibili aventi ad oggetto il medesimo immobile (art. 2648 c.c.). Tuttavia, simili disposizioni non sono applicabili al caso di specie, in cui, a seguito dell’apertura della successione, l’erede acquista la proprietà dell’immobile a mezzo di testamento ed allo stesso tempo il coniuge del de cuius acquista, in forza di legato ex lege, il diritto di abitazione sullo stesso immobile: tra la posizione dell’erede e del coniuge superstite, infatti, non sussiste alcun contrasto. L’erede, che acquista per mezzo di testamento la proprietà di un immobile già adibito a residenza familiare, acquisisce su detto immobile un diritto di proprietà gravato dal diritto reale di abitazione (anche nell’ipotesi in cui il testore disponga per l’intera proprietà).
La ratio sottesa alla conclusione raggiunta dalla Corte di Cassazione è presto spiegata: l’art. 540 c.c. costituisce il frutto di una precisa scelta del legislatore, volta a garantire una protezione particolare al coniuge del de cuius attraverso la previsione o che il diritto di abitazione dello stesso in riferimento (solo) alla casa coniugale (si veda Cass. 7128/2023) si atteggi come un legato ex lege, acquistato automaticamente e indipendentemente dall’accettazione dell’eredità. Questa indicazione non può dunque essere disattesa dal giudice ordinario, il quale non può certamente erodere tale diritto consentendo che l’azione dei terzi infici il godimento dell’immobile da parte del coniuge.
La sentenza della Suprema Corte di Cassazione n. 4092/2023 si pone proprio nel solco di questo ragionamento. Nel definire con precisione i distinti diritti spettanti al coniuge del de cuius e all’erede su di un medesimo immobile chiarisce come, in realtà, non avendo l’erede mai acquisito un diritto assoluto sullo stesso, le azioni dei suoi creditori non potranno aggredire l’intero immobile, bensì il minor diritto acquisito dallo stesso. L’art. 2644 c.c. non ha ragione, perciò, di essere citato in queste situazioni in quanto “la norma sugli effetti della trascrizione […] non riguarda il rapporto del legatario con l’erede e con gli aventi causa di questo: infatti, il legatario acquista il diritto di abitazione direttamente dall’ereditando”, mai verificandosi, di conseguenza, la situazione del duplice acquisto dallo stesso autore di diritti tra di loro confliggenti.
Tutto ciò premesso, dunque, essendo il diritto di abitazione previsto ex lege come meccanismo automatico e indipendente da espressioni di volontà del defunto o del coniuge superstite, non necessita di trascrizione per essere opponibile ad altri, risultando la stessa una mera formalità senza alcun effetto sostanziale sul godimento del predetto diritto.
Dott. Alessandro Macchion – dottmacchion@casaeassociati.it