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DEL CONTRATTO IN FRODE AL TERZO

Dalla lettura, anche sistematica, delle disposizioni codicistiche, emerge che nel nostro ordinamento non esiste un principio generale del divieto degli atti in frode alle ragioni dei terzi.

Tizio è titolare del 20% delle azioni di Beta SpA; Alfa srl è titolare del 60% delle azioni di Beta SpA. Tizio e Alfa stipulano un accordo, in virtù del quale essi s’impegnano reciprocamente a concedere la prelazione nel caso in cui ognuno intenda vendere la propria partecipazione; si tratta di una pacifica ipotesi di prelazione convenzionale.

La società straniera Gamma acquista tutte le quote di Alfa srl e di lì a qualche mese cede tutte le azioni di Beta SpA ad una società terza. Tizio conviene in giudizio Alfa srl per fare dichiarare la nullità del contratto in virtù del quale Alfa srl ha ceduto le quote di Beta SpA in violazione del patto di prelazione. Le domande di Tizio sono state rigettate in tutti gradi di giudizio, sulla base del ragionamento in virtù del quale si tratta di un illecito contrattuale, cosicché, a tutto concedere, il prelazionario Tizio ha diritto ad un ‘azione risarcitoria, ma non potrebbe certo agire per fare valere la nullità della vendita, anche perché in questo modo egli introdurrebbe nel nostro ordinamento un diritto reale, in palese violazione del numero chiuso dei diritti reali. Affrontata da questo punto di vista la questione non pone problemi.

Ci si domanda però se possa esistere nel nostro ordinamento un principio che vieta gli atti in frode alle ragioni dei terzi, che troverebbe espressione negli artt. 1343-1345 c.c. (causa illecita, contratto in frode alla legge, motivo illecito).

La posizione soggettiva attiva del terzo può derivare da una norma imperativa o da un atto di autonomia privata. Se l’atto di frode è costituito dal perfezionamento di un contratto (come nel caso che ci occupa, la vendita delle azioni di Beta SpA in violazione della prelazione), occorre verificare se questo contratto non è compatibile con la posizione del terzo oppure sono le modalità di perfezionamento che producono il danno al terzo.

In linea generale, solo se è violata una norma imperativa attraverso il perfezionamento di un contratto, è possibile discutere della nullità di tale contratto. Se invece la posizione soggettiva violata ha una fonte contrattuale, il terzo è titolare di un’azione risarcitoria ex art. 1218 c.c., se il danno è procurato al terzo per le modalità con le quali è stato eseguito un contratto, l’azione risarcitoria si fonda sull’art. 2043 c.c. 

Ne deriva che nel nostro ordinamento non esiste un principio generale del divieto degli atti in frode alle ragioni dei terzi.

Avv. Federico Casa

avvcasa@casaeassociati.it



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