In tema di azione revocatoria ordinaria, l’esistenza di un’ipoteca sul bene oggetto dell’atto dispositivo, ancorché di entità tale da assorbirne potenzialmente l’intero valore, non esclude la connotazione in termini di eventus damni dell’atto stesso.
Con recente pronuncia del 27.02.2023 (Cass. civ. sez. III, 27/02/2023 n. 5815) la Cassazione civile è tornata a ribadire che l’ipoteca iscritta sul bene oggetto dell’atto dispositivo, ancorché di entità tale da assorbirne potenzialmente il valore, non esclude il requisito dell’eventus damni ex art. 2901, primo comma, c.c. (conforme a Cass. civ. n. 11892/2016).
Nel caso proposto avanti la Corte di Cassazione, in particolare, i ricorrenti lamentavano la totale insussistenza del requisito dell’eventus damni richiesto dal primo comma dell’art. 2901 c.c., dato che né in primo né tantomeno in secondo grado era stato attribuito rilievo alla circostanza che l’immobile ceduto con l’atto dispositivo fosse già gravato da ipoteca in favore di altro creditore. In tal modo, i giudici del merito avrebbero del tutto trascurato di considerare che la revocabilità degli atti di disposizione di un immobile ipotecato avrebbe richiesto una valutazione sulle concrete possibilità dell’attore-creditore (chirografario) di poter soddisfare il proprio credito attraverso la vendita forzata del bene.
In altre parole, sostenevano i ricorrenti che, in presenza di un bene ipotecato, poteva dirsi sussistente il requisito dell’eventus damni solo se il creditore chirografario che agiva in revocatoria avesse dimostrato una concreta probabilità di realizzo dalla vendita forzata.
La Cassazione, invece, con la citata pronuncia ha totalmente disatteso questa ricostruzione, rigettando il ricorso presentatole.
Invero, secondo la Suprema Corte, l’esistenza di una ipoteca sul bene oggetto dell’atto dispositivo, ancorché di entità tale da assorbirne potenzialmente l’intero valore (qualora fatta valere), non esclude la connotazione di quell’atto in termini di eventus damni. Infatti, sia la valutazione dell’idoneità dell’atto dispositivo a costituire un pregiudizio, sia la possibile incidenza, sul valore del bene, della causa di prelazione connessa alla ipoteca, non va compiuta al momento in cui viene posto in essere l’atto dispositivo, bensì attraverso un giudizio prognostico proiettato verso il futuro, al fine di valutare il venir meno o anche solo il ridimensionamento della garanzia ipotecaria (ulteriori conformi: Cass. civ. 08.08.2018 n. 20671; Cass. civ. 12.03.2018 n. 5860; Cass. civ. 25.05.2017 n. 13172).
Secondo la Corte, infatti, se ai fini della prova del pregiudizio che l’atto dispositivo ha arrecato alle ragioni creditorie è sufficiente un mero pericolo di danno che abbia comportato una modifica della situazione patrimoniale del debitore tale da rendere incerta la esecuzione coattiva del debito o a comprometterne la fruttuosità (ex multis, Cass. civ. 29.03.1999 n. 2971), tale situazione di pericolo va necessariamente commisurata ad un evento futuro. Pertanto, non è possibile apprezzarla compiendo una valutazione correlata al momento dell’atto dispositivo, ovvero alla possibile incidenza in quel momento della garanzia ipotecaria esistente ma non ancora fatta valere e della quale non è dato conoscere se e come in futuro inciderà.
Non da ultimo, l’azione revocatoria ordinaria ex art. 2901 c.c. opera a tutela dell’effettività della responsabilità patrimoniale del debitore senza produrre effetti recuperatori o restitutori del bene dismesso tali da richiederne la libertà e capienza (bensì la sola inefficacia dell’atto dispositivo e la successiva e futura azione esecutiva sullo stesso). Pertanto, dato che le iscrizioni ipotecarie possono subire vicende modificative o estintive ad opera sia del debitore che di terzi (Cass. civ. 13.08.2015 n. 16793), la presenza di ipoteche sull’immobile trasferito con l’atto oggetto di revoca non esclude di per sé un pregiudizio per il creditore (sia chirografo, sia, altresì ipotecario di grado successivo).
Avv. Eleonora Polazzo – avvpolazzo@casaeassociati.it