Con riferimento alle esenzioni dall’azione revocatoria fallimentare previste dall’art. 67, comma 3, l.fall., la Corte di Cassazione enuclea il principio di diritto secondo cui tali esenzioni sono applicabili, alle medesime condizioni previste dalla norma, anche all’azione revocatoria ordinaria esercitata dal curatore fallimentare o da quest’ultimo proseguita, se promossa da un singolo creditore.
Con la recente pronuncia n. 28629 del 24 gennaio 2023, pubblicata il 1 febbraio 2023, la Corte di Cassazione, superando i propri precedenti arresti, esamina l’àmbito di applicazione della disciplina delle esenzioni dall’azione revocatoria fallimentare di cui all’art. 67, comma 3, l.fall. La portata innovativa della sentenza de qua si rinviene, in particolare, nell’affermazione, da parte della Corte di legittimità, di un principio di diritto che estende l’àmbito di applicazione delle esenzioni contemplate dall’art. 67, comma 3, l.fall. anche all’azione revocatoria ordinaria esercitata dal curatore fallimentare ai sensi degli artt. 66 l.fall. e 2901 e ss. c.c., oppure all’azione revocatoria ordinaria inizialmente promossa da un singolo creditore al di fuori del fallimento, e successivamente proseguita dal curatore.
Nel caso da cui trae origine la pronuncia in esame, una Banca in amministrazione straordinaria, esclusa dallo stato passivo di una società dichiarata fallita, proponeva opposizione avverso il provvedimento del G.D. al fine di veder ammesso, tra gli altri, un credito in via ipotecaria relativo alla restituzione di un mutuo fondiario concesso da un pool di Banche, tra le quali l’opponente medesima.
Da parte del curatore era opposta, in via incidentale in sede di verificazione del passivo, la revocabilità della garanzia ipotecaria concessa dalla debitrice in favore, tra le altre, della Banca opponente, a fronte della concessione del mutuo.
La Banca vedeva solo parzialmente accolta la propria opposizione allo stato passivo: il Tribunale di Perugia, infatti, ammetteva al passivo in via chirografaria, anziché in grado ipotecario, il credito relativo alla restituzione del mutuo fondiario.
Con il proprio provvedimento, il Tribunale perugino precisava che l’esenzione prevista dall’art. 67, comma 3, lett. d), l.fall. invocata dalla Banca non può trovare applicazione in relazione all’azione revocatoria ordinaria, benché proposta dal curatore, in quanto costituisce uno specifico “contrappeso”, nell’azione revocatoria fallimentare, alle agevolazioni probatorie presuntive riconosciute al curatore in tale azione.
Avverso il decreto del Tribunale di Perugia la Banca proponeva ricorso per cassazione articolando quattro motivi; per ciò che qui interessa, con il primo motivo era denunciata la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 66 e 67, comma 3, l.fall. e dell’art. 2901 c.c. in quanto, nell’escludere l’applicabilità all’azione revocatoria ordinaria dell’esenzione contemplata dall’art. 67, comma 3, lett. d), l.fall., il Tribunale perugino non avrebbe tenuto sufficientemente da conto il tenore letterale della disposizione, né la ratio alla medesima sottesa. Quest’ultima, argomentava la Banca nel proprio ricorso, consiste nel sottrarre alla revocabilità determinate categorie di atti posti in essere per un fine ritenuto meritevole di tutela (nel caso di specie la stipulazione del mutuo a fronte della concessione dell’ipoteca era strumentale al superamento della crisi dell’impresa).
La Corte di Cassazione, con la sentenza in commento, ha ritenuto fondato il predetto motivo di ricorso. Dopo aver menzionato i propri precedenti che concludevano per l’inapplicabilità all’azione revocatoria ordinaria, ancorché esercitata dal curatore fallimentare, delle esenzioni contemplate dalla L. Fall., art. 67, comma 3, la Corte di legittimità ha svolto le seguenti considerazioni.
Sotto un profilo letterale, la Suprema Corte ha principalmente evidenziato l’ambivalenza della formulazione dell’art. 67, comma 3, l.fall. il quale fa riferimento, in via generale, all’azione revocatoria; allo stesso modo l’art. 69 bis l.fall., menzionando tutte le azioni revocatorie disciplinate dalla presente sezione (e quindi sia quella fallimentare che quella ordinaria promossa dal curatore), non rappresenta un indice sicuro della volontà del legislatore di limitare alla prima l’ambito applicativo delle esenzioni previste dall’art. 67, comma 3.
Sotto un diverso profilo logico-sistematico la Corte di Cassazione ha poi evidenziato che le differenze tra la disciplina della revocatoria fallimentare e della revocatoria ordinaria non sono idonee a giustificare l’esclusione dell’applicabilità alla seconda delle esenzioni previste per la prima, vanificando altrimenti la ratiosottesa all’art. 67, comma 3 l.fall.
La Corte di legittimità ha dunque illustrato le diverse finalità perseguite dalle diverse fattispecie di esenzione, ritenendo condivisibile la prospettata possibilità di applicare la singola esenzione alla specifica categoria di atti cui si riferisce la fattispecie, anche con riguardo all’azione revocatoria ordinaria, osservandosi che la sottrazione della stessa all’ambito di applicabilità della norma in esame comporterebbe la sostanziale elisione della portata delle esenzioni.
Da ultimo, la Corte di Cassazione ha precisato che l’estensione dell’applicabilità delle esenzioni previste per la revocatoria fallimentare all’azione revocatoria ordinaria (quando l’atto dispositivo non sia già sottratto alla revoca ai sensi dell’art. 2901, comma 3, c.c.) opera anche quando l’azione revocatoria ordinaria sia stata esercitata al di fuori del fallimento dal singolo creditore e poi proseguita dal curatore fallimentare. Non sussiste infatti alcuna ragione tale da giustificare, in tal caso, l’assoggettamento dell’operazione ad una disciplina più severa di quella applicabile nell’ambito del fallimento.
Avv. Vera Pinton – avvpinton@casaeassociati.it